Eight Art Project
Eight Art Project

Jackson Pollock al Guggenheim di New York.

In occasione del suo ottantesimo anniversario, la Solomon R. Guggenheim Foundation celebra la sua storia con la grandiosa mostra “Visionaries: Creating a Modern Guggenheim” (dal 10 febbraio al 6 settembre 2017). Un autentico impero che la raffinata visione di Peggy Guggenheim ha costruito su due latitudini e due velocità: quella accelerata della storica galleria newyorchese Art of this Century — fortunato esordio per tanti nomi della storia dell’arte americana — e quella più quieta e ritirata del suo Palazzo veneziano sul Canal Grande. Due mondi che, dalla metà degli anni '40 ai pieni anni ’60, hanno osservato e condiviso gli episodi più rilevanti dell’arte della prima metà del ‘900.

LA COSTRUZIONE DELLA COLLEZIONE PERMANENTE
L’esposizione, allestita negli spazi dell’iconico edificio newyorchese firmato da Frank Lloyd Wright, offre una preziosa selezione degli artisti che costituirono il nucleo originario della collezione iniziata da Solomon Guggenheim e dall’artista di origini tedesche Hilla Rebay, entrambi affascinati dall’astrattismo dei primi decenni del ‘900. A questo si aggiungono il nucleo Impressionista della collezione Justin K. Thannhauser e quello degli espressionisti europei raccolti dal gallerista tedesco Karl Nierendorf: una straordinaria occasione di conoscere la collezione permanente nella sua interezza e di includere in questa scoperta visiva anche capolavori sconosciuti al pubblico americano.

IL RESTAURO E LE SUE SCOPERTE
Tra questi, il celebre Alchemy (1947) di Jackson Pollock costituisce un focus a sé dal titolo “Jackson Pollock: Exploring Alchemy” presso il Guggenheim’s Sackler Center for Arts Education. Dopo un lavoro di restauro di molti anni e condotto da un team internazionale presso l’Opificio delle Pietre dure di Firenze, il capolavoro veneziano di uno degli artisti americani più influenti del dopoguerra è in grado di svelare al pubblico newyorchese dettagli tecnici che gettano nuova luce sulla sua realizzazione e sui suoi materiali cromatici. Anche se in letteratura si parla spesso di Alchemy come di un dipinto giocato sui toni del grigio, infatti, il restauro ha evidenziato una palette di circa 19 diversi colori più o meno brillanti.

PEGGY GUGGENHEIM E GLI ESORDI
La storia di questo dipinto e del suo autore è inevitabilmente legata a quella di Peggy Guggenheim e della sua celebre galleria/museo sulla 57esima strada; senza le occasioni espositive dei primi anni ’40 di Art of This Century, l’incoraggiamento, l’inserimento nel mercato e, non ultimo, il sussidio mensile che gli concesse per dedicarsi interamente all’arte, Jackson Pollock non sarebbe tra i maestri più riconosciuti dei nostri tempi. Non è un caso che il capolavoro in mostra faccia parte del nucleo di affezionati dipinti che Peggy decise di portare con sé a Venezia, dove si trasferì definitivamente dopo il 1947. È noto che Pollock iniziò a dipingere stendendo la tela sul pavimento solo dopo il 1945, quando lasciò New York per la campagna di Long Island; Alchemy parla dunque di un periodo aureo della sua produzione, capace di innescare nuovi mondi artistici, destinati a fare scuola.

“DRIPPING SU TABLECLOTH
La mostra, costruita interamente intorno a quest’unico pezzo, si concede la libertà di sorvolare sugli aspetti ormai noti della carriera di Pollock e di indugiare piuttosto su quelli tecnici. Oltre a rivelare dettagli curiosi (il supporto non è la classica tela rinforzata, ma un collage di strofinacci da cucina), dall’analisi e dalla pulitura di Alchemy emerge una partitura e un trattamento dello spazio pittorico che si allontana dall’usuale ritratto caotico, rivelando un uso del dripping controllato e ritualizzato. Esattamente come rifletterebbe la lettura critica dello studioso americano Clement Greenberg.
Anche se, a ben guardare, il groviglio cromatico e il titolo dell’opera la dicono lunga sull’altra faccia dell’approccio di Pollock, forse la più intima, intrisa di sciamanismo e culture native a dimostrazione di una carica espressiva vitale e irriducibile.

Elena Tettamanti

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New York // fino al 7 settembre 2017
"Visionaries: Creating a Modern Guggenheim"
Solomon R. Guggenheim Museum
1071 5th Ave, New York, NY 10128, Stati Uniti

www.guggenheim.org

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Photo credits:

1. Jackson Pollock
Alchemy, 1947
Oil, aluminum, alkyd enamel paint with sand, pebbles, fibers, and broken wooden sticks on canvas
114.6 x 221.3 cm
The Solomon R. Guggenheim Foundation, Peggy Guggenheim Collection, 1976
© 2016 The Pollock-Krasner Foundation/Artists Rights Society (ARS), New York

Febbraio 2017
Elena Tettamanti

www.guggenheim.org